Un piatto che unisce

Il lechón asado è il cuore pulsante della cucina cubana. Prepararlo richiede tempo, pazienza e rispetto. Il maiale intero viene marinato con mojo – una miscela di aglio, agrumi, spezie e erbe – e poi cotto lentamente, spesso all’aperto, su una griglia improvvisata o in una buca scavata nella terra. Il risultato è una carne tenera, succosa, con una crosta croccante che fa venire l’acquolina solo a guardarla.

Ma più del gusto, è il contesto che rende il lechón speciale. A Cuba, cucinare il lechón è un atto collettivo. Si chiacchiera, si balla, si beve rum, si raccontano storie. È un momento in cui il tempo si ferma e la comunità si stringe attorno al fuoco. Ogni cubano ha un ricordo legato al lechón: un Natale, un compleanno, una domenica in campagna.

Il sapore della terra

Mangiare lechón a Cuba significa anche entrare in contatto con la terra. I contadini lo allevano con cura, spesso in piccoli poderi familiari. La legna usata per la cottura viene scelta con attenzione, perché ogni tipo dà un aroma diverso. Il mojo, preparato con agrumi locali e aglio fresco, è il tocco che trasforma la carne in poesia.

Accompagnato da riso congrí, yuca con mojo e tostones, il lechón diventa un banchetto che racconta l’identità cubana. Non è sofisticato, ma è profondo. Non è raro, ma è sacro. È il sapore di un’isola che ha imparato a celebrare la vita anche nei momenti più difficili.

Dove assaggiarlo

Per chi viaggia a Cuba, il lechón asado è una tappa obbligata. Lo si trova nei paladares, ristoranti privati spesso gestiti da famiglie, ma il modo migliore per gustarlo è durante una festa locale o in una finca fuori città. A Viñales, ad esempio, molte case rurali lo preparano per gli ospiti. A Santiago, è protagonista delle celebrazioni di fine anno. A Trinidad, lo si può assaporare in cortili ombreggiati dove il tempo sembra essersi fermato.

Un viaggio nel gusto

Cuba è fatta di mille sfumature, e il lechón asado ne è una delle più intense. È il sapore della resistenza, della gioia, della condivisione. È un piatto che parla, che canta, che abbraccia. Chi lo assaggia non dimentica. E chi lo vive, lo porta dentro per sempre.