Un’isola, due anime

Koh Lanta si divide in due isole principali:

  • Koh Lanta Noi: agricola, sonnolenta, attraversata da strade rosse di terra battuta, dove le case si affacciano sui campi di riso e i bambini salutano curiosi al tuo passaggio.
  • Koh Lanta Yai: più estesa e vissuta, dove si concentra la ricettività, i beach bar, ma anche la vita quotidiana degli abitanti, tra scuole, mercati e templi buddhisti color zafferano.

Ma attenzione: qui il turismo ha un passo misurato. Non ci sono pullman, ristoranti plastificati o inseguimenti da selfie stick. L’isola è come un’amica discreta: ti osserva, poi ti accoglie.

Mangrovie, silenzi e canoe

Sul lato orientale, il paesaggio cambia: la costa si scompone in fiumi, estuari, lagune e mangrovieti. La vegetazione sembra galleggiare sull’acqua.

Imbarcati su una canoa o una long-tail boat con una guida locale. Ti porterà a scivolare dentro i tunnel verdi delle radici, dove scimmie silenziose osservano dai rami e il canto degli uccelli si mescola con quello degli insetti d’acqua. Ogni curva del fiume è un piccolo mistero.

Chi ama fotografare o disegnare qui troverà decine di palette naturali: ruggine, ambra, giada, nuvola.

Lanta Old Town: legno, vento e memoria

Sulla costa est sorge Lanta Old Town, antico villaggio cinese fondato da mercanti e marinai. Case su palafitte, insegne scolorite, reti da pesca appese ad asciugare, gatti che dormono sull’uscio. Il vento porta con sé l’odore del pesce secco, del curry cotto al cocco, del tempo. Da qui partono barche per le isole vicine, ma molti viaggiatori si fermano solo per il pranzo. Errore. Lanta Old Town è un’istantanea sospesa di come fosse la Thailandia costiera prima del turismo di massa. Fermati in un caffè affacciato sull’acqua, mangia uno sticky rice al mango fatto in casa, ascolta i racconti del proprietario sul monsone del 1998. L’isola è fatta anche di questo: memoria e mani vissute.

Tramonti liquidi e sabbia che canta

La costa ovest è una galleria di spiagge con nomi musicali: Klong Dao, Relax Beach, Kantiang Bay. Il mare qui cambia colore sei volte in un’ora. Le palme oscillano con un’armonia lenta, e la luce del tramonto disegna ombre lunghe sulle tavole dei ristoranti di legno. Puoi cenare con i piedi nella sabbia e la luna negli occhi, senza playlist sparate o selfie stick tra le ciglia. Il menu? Gamberi alla griglia, zuppa Tom Kha al lime, birra Chang appena ghiacciata, o un frullato di anguria servito con un fiore di ibisco.

Vita marina e rispetto per il tempo

Koh Lanta è anche punto di partenza per immersioni nel Parco Marino di Mu Ko Lanta, dove si trovano coralli molli, pesci pappagallo e - se sei fortunato - tartarughe verdi. Ma anche chi resta a riva può osservare la vita minuta del mare: meduse trasparenti, granchi violinisti, conchiglie vive che scavano cunicoli invisibili. È un’isola che ti insegna la dignità delle cose piccole. Che ti autorizza a non fare. A stare.

Se vai a Koh Lanta…

  • Vai da novembre ad aprile: la stagione secca regala cieli limpidi e mare calmo.
  • Noleggia un motorino (con prudenza!) e perditi tra stradine che attraversano foreste.
  • Mangia curry massaman seduto su uno sgabello di plastica: i sapori migliori si trovano nei posti più semplici.
  • Parla con i pescatori al mattino nei piccoli porti: sono l’anima dell’isola.
  • Rallenta davvero: Lanta non va vissuta, va ascoltata.

In chiusura

Koh Lanta è la Thailandia che non si mette in posa. È quella che ti offre un’ombra sotto l’albero, un tè con ghiaccio, e ti dice: “puoi restare quanto vuoi”. Se cerchi la festa, hai sbagliato isola. Se cerchi l’oceano che ascolta, l’hai trovata.